Obblighi di monitoraggio fiscale a carico delle imprese di assicurazione

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in ordine agli obblighi di monitoraggio fiscale cui sono tenute le imprese di assicurazione estere dei rispettivi gruppi operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita stipulati con contraenti italiani (Agenzia delle entrate, risoluzione 13 novembre 2023, n. 62).

L’articolo 1 del D.L. n. 167/1990 stabilisce che gli intermediari bancari e finanziari, gli altri operatori finanziari e gli operatori non finanziari che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale ovvero in criptoattività, di importo pari o superiore a 5.000 euro, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate.

 

Con riferimento ai soggetti rientranti nell’ambito di applicazione del monitoraggio fiscale, il D.Lgs. n. 90/2017 ha previsto che vi sono gli intermediari bancari e finanziari, tra i quali rientrano anche le imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana.

Per quanto concerne l’ambito soggettivo, dunque, a decorrere dal 4 luglio 2017, in base alla Legge per il settore delle assicurazioni, sono tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale:

  • le imprese di assicurazione e gli intermediari assicurativi che operano nei rami di cui all’articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private;

  • le succursali insediate di imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro o in uno Stato terzo;

  • le imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana.

L’Agenzia chiarisce che la categoria delle ”imprese stabilite senza succursale” non comprende tutte le imprese aventi la sede legale in un altro Stato membro dell’UE o in un Paese aderente allo Spazio Economico Europeo, che hanno comunicato all’IVASS di voler svolgere l’attività assicurativa nei rami Vita in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica.

Infatti, non rientrano in tale categoria le imprese che vendono i propri prodotti Vita in LPS ad un cliente che sottoscrive direttamente un contratto assicurativo presso la sede centrale dell’impresa in un altro Stato membro, oppure nel caso in cui tali prodotti vengano distribuiti fuori dal territorio italiano da intermediari assicurativi autorizzati ad operare in Paesi terzi.

 

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, le comunicazioni riguardano i dati acquisiti in occasione dell’adeguata verifica dell’identità della clientela in relazione ai trasferimenti da e verso l’estero di mezzi di pagamento, ossia il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni a essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, le polizze assicurative trasferibili, le polizze di pegno e ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie.

In particolare, l’obbligo di comunicazione non si riferisce esclusivamente alle polizze assicurative trasferibili e alle polizze di pegno, bensì ad ogni movimentazione finalizzata a disporre il trasferimento di fondi mediante il versamento del premio e/o del riscatto, totale e/o parziale, delle somme in polizza.

La trasmissione dei dati all’Agenzia delle entrate avviene telematicamente, con cadenza annuale, tramite l’infrastruttura SID (Sistema di Interscambio Dati) secondo le modalità stabilite con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 16 luglio 2015.

 

Gli obblighi di monitoraggio fiscale non sussistono quando:

– i trasferimenti da e verso l’estero sono relativi ad operazioni effettuate nell’ambito dei contratti e dei rapporti di cui agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 461/1997, per i quali il contribuente abbia esercitato le opzioni previste negli articoli stessi;

– i trasferimenti dall’estero sono relativi ad operazioni suscettibili di produrre redditi di capitale, qualora detti redditi siano stati assoggettati dall’intermediario residente a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.

 

Riguardo ai trasferimenti transfrontalieri relativi ad operazioni che danno luogo a redditi di capitale, le Entrate rilevano che ai fini dell’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale devono ricorrere le seguenti condizioni:

  • il trasferimento deve provenire dall’estero, ossia deve trattarsi di un flusso in entrata, relativo ad un’operazione da cui possono derivare redditi di capitale;

  • i redditi di capitale devono aver già scontato una tassazione;

  • la tassazione dei predetti redditi avviene dall’intermediario residente.

Laddove l’accredito dall’estero di flussi relativi a redditi di capitale di natura assicurativa avvenga su un conto detenuto presso un intermediario residente, la compagnia di assicurazione estera che opta per la tassazione sostitutiva dei predetti redditi è esonerata dalla rilevazione del trasferimento relativo alle suddette somme.

Diversamente, laddove l’accredito dei redditi avviene presso il circuito bancario e finanziario estero, ancorché i redditi di capitale siano assoggettati a tassazione direttamente dalla compagnia estera, permangono gli ordinari obblighi di rilevazione.

 

Infine, qualora il trasferimento transfrontaliero avvenga in presenza di più intermediari, l’Agenzia ritiene che il monitoraggio fiscale eseguito da uno degli intermediari coinvolti nell’operazione di trasferimento esoneri dall’adempimento l’altro intermediario, a condizione che quest’ultimo possa dare evidenza dell’avvenuta comunicazione da parte dell’intermediario che ha effettuato il monitoraggio fiscale.

 

Contratto a favore di terzo senza qualifica di socio: inapplicabile l’assegnazione agevolata dei beni

Ai fini dell’applicabilità dell’assegnazione agevolata ai soci prevista dalla Legge di bilancio 2023, l’Agenzia delle entrate ha chiarito i dubbi dell’interpellante relativamente alla sussistenza del requisito della ”qualifica di socio”, nel caso di adozione in sede di assegnazione, da parte di uno dei soci, del contratto a favore di terzi, a beneficio di un terzo soggetto estraneo alla compagine sociale (Agenzia delle entrate, risposta 10 novembre 2023, n. 457).

L’articolo 1, commi 100 e ss., della Legge di bilancio 2023 prevede un regime fiscale agevolato che consente l’assegnazione e la cessione agevolata ai soci dei beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione e dei beni mobili iscritti in pubblici registri, nonché la trasformazione in società semplici delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni.

Tale agevolazione si traduce nella facoltà per le società interessate di assegnare o cedere determinati beni ai loro soci ovvero di trasformarsi in società semplici, mediante l’assolvimento di un’imposta sostitutiva dell’IRES e dell’IRAP e l’applicazione delle aliquote dell’imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili ridotte della metà e delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

La suddetta disciplina, precisa l’Agenzia delle entrate, si applica alle cessioni, assegnazioni o trasformazioni in società semplice che avranno luogo entro il 30 novembre 2023.

 

I vantaggi fiscali derivanti dal regime agevolato consistono:

  • nella possibilità di applicare un’imposta sostitutiva (delle imposte  sui  redditi e dell’IRAP) pari all’8% sulle plusvalenze realizzate sui beni assegnati/ceduti ai soci, o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa a seguito della trasformazione;

  • nell’applicazione di un’imposta sostitutiva del 13% sulle riserve in sospensione d’imposta annullate a seguito delle operazioni agevolate;

  • nella possibilità di scegliere se, ai fini della determinazione della plusvalenza, si intende fare riferimento al valore normale oppure al valore catastale, da contrapporre al costo fiscalmente riconosciuto del bene;

  • nella  riduzione al 50% delle aliquote dell’imposta proporzionale di registro e nell’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecarie e catastali.

Le suddette agevolazioni sono concesse a condizione che i soci assegnatari siano iscritti nel libro soci alla data del 30 settembre 2022, oppure vengano iscritti entro il 31 gennaio 2023, in forza di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1 ottobre 2022.

 

Nel caso rappresentato, l’istante chiede se il requisito soggettivo della qualifica dell’assegnatario dei beni agevolati come ”socio iscritto a libro soci alla data del 30 settembre 2022” possa ritenersi rispettato nel caso in cui il socio assegnatario decida di ”deviare” a favore di un terzo, estraneo alla compagine sociale, gli effetti dell’assegnazione, utilizzando lo schema del “contratto a favore di terzi”.

Lo schema contrattuale in questione, infatti, presuppone la presenza di due parti contrattuali che assumono reciproche obbligazioni e di un terzo beneficiario, che non interviene come parte nel contratto e che diventa titolare del diritto per effetto della semplice stipulazione del contratto, senza che sia necessaria la sua accettazione, la quale è invece essenziale ai fini di rendere irrevocabile l’attribuzione del diritto in questione.
Quindi nel contratto a favore del terzo il beneficiario non costituisce in alcun modo una parte contrattuale, né in senso sostanziale, né in senso formale.

Ciò premesso, l’Agenzia delle entrate chiarisce che la norma agevolativa prevista dalla Legge di bilancio 2023 presuppone che il soggetto nei confronti del quale la società può procedere all’assegnazione agevolata dei beni (ossia, il beneficiario diretto di tale assegnazione), debba necessariamente rivestire la qualifica 
di socio della stessa alla data indicata.

 

Nel caso di specie, dunque, si riscontra un difetto del requisito soggettivo, in quanto il beneficiario diretto dell’assegnazione risulta essere un soggetto terzo estraneo alla compagine sociale e, pertanto, non può trovare applicazione la disciplina dell’assegnazione agevolata al socio.

Proroga secondo acconto delle imposte sui redditi: requisiti, beneficiari, esclusioni

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulle novità introdotte dall’articolo 4 del D.L. n. 145/2023 che ha previsto il rinvio al 16 gennaio 2024 del secondo acconto delle imposte sui redditi per le persone fisiche titolari di partita IVA con ricavi o compensi fino a 170.000 euro 8Agenzia delle entrate, circolare 9 novembre 2023, n. 32/E).

Il Decreto Anticipi, all’articolo 4, introduce, per il solo periodo d’imposta 2023, due rilevanti novità:

  • il differimento dal 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024 della scadenza del versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, modello “Redditi persone fisiche 2023” (Redditi PF 2023), con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi INAIL per i quali permane il termine ordinariamente previsto del 30 novembre 2023;

  • la possibilità di versare tali somme in 5 rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio 2024, aventi scadenza il giorno 16 di ogni mese, con i dovuti interessi sulle rate successive alla prima.

I soggetti beneficiari del rinvio, per il solo anno 2023, sono le persone fisiche che contestualmente siano titolari di partita IVA ed abbiano dichiarato, con riferimento al periodo d’imposta 2022, ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170.000 euro (indicati nel modello Redditi PF 2023).

Al riguardo l’Agenzia chiarisce che nell’ambito applicativo del rinvio rientrano, quindi, le persone fisiche che siano imprenditori individuali o lavoratori autonomi.

Beneficia, inoltre, del differimento anche l’imprenditore titolare dell’impresa familiare o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria.

Rientrano, infine, nella misura anche i contribuenti tenuti a versare in un’unica soluzione l’acconto delle imposte sui redditi, dovuto in base al modello Redditi PF 2023.

 

Devono, invece, ritenersi esclusi dall’ambito di applicazione della misura:

– le persone fisiche non titolari di partita IVA;

– le persone fisiche titolari di partita IVA che, con riferimento all’anno d’imposta 2022, dichiarino ricavi o compensi di ammontare superiore a 170.000 euro;

– i soggetti diversi dalle persone fisiche (quali, ad esempio, le società di capitali e gli enti non commerciali).

Nel caso di impresa familiare e azienda coniugale non gestita in forma societaria, in forza della loro natura individuale, non possono fruire del rinvio del versamento in esame i collaboratori familiari e il coniuge del titolare d’impresa.

 

La circolare, infine, specifica che per verificare il rispetto del “tetto” dei 170.000 euro, si deve far riferimento ai compensi (nonché ai ricavi di cui all’articolo 57 del Tuir), dichiarati per il 2022.

Qualora il contribuente esercitasse più attività (con diversi codici Ateco), bisogna sommare i relativi ricavi e compensi e allo stesso modo nel caso della persona fisica che esercita sia un’attività di lavoro autonomo sia un’attività di impresa.

Diversamente, per le persone fisiche che esercitano attività agricole o attività agricole connesse, in luogo dell’ammontare dei ricavi, occorre considerare l’ammontare del volume d’affari (campo VE50 del modello di dichiarazione IVA 2023).

Per il contribuente non tenuto alla presentazione della dichiarazione IVA, rileva l’ammontare complessivo del fatturato del 2022 e nel caso di un soggetto con altre attività commerciali o di lavoro autonomo, si tiene conto del volume d’affari complessivo degli intercalari della dichiarazione IVA.

Regime di esenzione per soggetti non residenti con riguardo agli interessi derivanti da obbligazioni

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in ordine all’applicazione del regime di esenzione previsto per i soggetti non residenti con riguardo agli interessi derivanti da obbligazioni di cui all’articolo 6 D.Lgs. n. 239/1996 (Agenzia delle entrate, risposta 7 novembre 2023, n. 454).

Una società di cartolarizzazione lussemburghese, residente ai fini fiscali in Lussemburgo, che intende investire in Italia in obbligazioni o titoli assimilati (c.d. ”Notes”) emesse da società italiane e soggette al regime fiscale di cui al D.Lgs. n. 239/1996, ha chiesto all’Agenzia delle entrate di confermare la possibilità di beneficiare del regime di esenzione previsto per gli interessi, premi e altri frutti che percepirà dalle Notes oggetto di investimento.

 

In riferimento al profilo soggettivo del regime di esenzione di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 239/1996, l’Agenzia ricorda che esso prevede che non sono soggetti ad imposizione:

 

– gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari percepiti da soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni;

– gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari percepiti da:

  • enti o organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

  • gli investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi di cui al primo periodo;

  • banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.

Rientrano, dunque, nel regime di esenzione dall’imposta sostituiva, in generale, i soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni indicati nel decreto ministeriale 4 settembre 1996 (c.d. white list), ovvero le persone fisiche, le società, le associazioni di persone ed ogni altra entità che viene considerata soggetto passivo ai fini tributari.

 

L’esenzione si applica, inoltre, ai soggetti costituiti in Stati e territori white listed:

  1. gli enti o organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

  2. gli  investitori  istituzionali  esteri,  ancorché  privi  di  soggettività  tributaria,  costituiti in Paesi di cui al primo periodo;

  3. banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.

Nel caso di specie, l’istante riferisce di essere un soggetto passivo di imposta in Lussemburgo (Paese incluso nella c.d. white list), secondo la legislazione fiscale lussemburghese che non prevede alcun tipo di esenzione dalle imposte sui redditi per la società di cartolarizzazione costituite in forma societaria.

Secondo quanto precisato dalle Entrate tale società rientra tra i soggetti di cui al citato articolo 6 del D.Lgs. n. 239/1996 e, conseguentemente, potrà beneficiare del regime di esenzione sugli interessi, premi e altri frutti che percepirà con riferimento alle Notes oggetto di investimento.

 

 

MIMIT-MIT: più taxi, più licenze e più servizi in auto ecologiche

Il Ministero delle imprese e del made in Italy e quello delle Infrastrutture e dei trasporti hanno comunicato di aver emesso una circolare esplicativa che consentirà ai comuni di rilasciare, in via sperimentale, licenze taxi aggiuntive (Ministero delle imprese e del made in Italy e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: comunicati 6 novembre 2023).

Per consentire ai comuni di risolvere le problematiche legate alla carenza dei taxi sulle strade Italiane e per rispondere alle criticità denunciate dall’Autorità per la concorrenza e il mercato, il MIMIT e il MIT hanno inviato una circolare ai comuni, all’Associazione nazionale Comuni italiani, all’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato, all’ENAC e alle associazioni di categoria, fornendo tutti i chiarimenti necessari sulle nuove norme introdotte dal Decreto Asset, approvato il 10 agosto 2023 e convertito successivamente in Legge il 9 ottobre.

 

Le nuove regole semplificate permettono ai comuni di rilasciare, in via sperimentale, licenze aggiuntive taxi a chi è già titolare di una licenza, per fronteggiare lo straordinario incremento della domanda legato a grandi eventi o a eccezionali flussi di presenze turistiche.
Le predette licenze hanno:

  • carattere temporaneo o stagionale;

  • una durata non superiore a 12 mesi, prorogabili per un massimo di ulteriori 12, su esigenze di potenziamento del servizio emerse dalla ricognizione dei dati.

La durata di 12 mesi, non esclude la possibilità che l’amministrazione comunale, per motivi di esigenze economiche e turistiche, ne preveda un utilizzo anche frazionato nel tempo, fermo restando il limite temporale previsto.

 

Vengono semplificate le regole anche per i comuni capoluogo di regione, sede di città metropolitana e quelli sede di aeroporto, che possono incrementare il numero delle licenze taxi in misura non superiore al 20% di quelle già rilasciate, mediante apposito concorso straordinario con procedura semplificata e accelerata. 

I comuni sono autorizzati ad indire subito i concorsi straordinari per aumentare le licenze, senza ulteriori interventi normativi, richieste o autorizzazioni, con incentivi raddoppiati per l’acquisto di auto sostenibili.

Sono una settantina i comuni interessati, tra cui Roma, Milano, Napoli, Firenze, ma anche Bergamo, Verona, Trapani.

 

I tassisti che ne faranno domanda potranno anche avere, con una semplice comunicazione, la doppia guida sulla stessa auto. Basterà farne richiesta ai comuni e sarà automaticamente concessa.

Accertamento e concordato preventivo biennale: approvato in Consiglio dei ministri il decreto legislativo

In attuazione della delega per la riforma fiscale, il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che introduce disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo biennale (Consiglio dei ministri, comunicato 3 novembre 2023, n. 57).

Il Decreto approvato in esame preliminare dal CdM contiene disposizioni in materia:

  • di accertamento tributario, in particolare al fine di una migliore partecipazione del contribuente al procedimento accertativo e per rafforzare forme di cooperazione tra le amministrazioni nazionali ed estere;

  • di concordato preventivo biennale, al quale potranno accedere i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, residenti nel territorio dello Stato.

Con le disposizioni in materia di procedimento accertativo si prevede, in coordinamento con le modifiche apportate allo “Statuto del contribuente”:

– che lo “schema di provvedimento” che dovrà essere comunicato al contribuente ai fini del contraddittorio preventivo con l’amministrazione debba contenere anche l’invito alla definizione del “procedimento con adesione“;

– l’abrogazione della disciplina dell’invito obbligatorio, che impone all’amministrazione finanziaria, prima di emettere un avviso di accertamento, di notificare l’invito a comparire al contribuente per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento;

– l’introduzione della disciplina dell’adesione ai verbali di constatazione, stabilendo che il contribuente possa prestare adesione anche ai verbali di constatazione e disciplinando il procedimento istruttorio;

– l’introduzione della disciplina generale degli “atti di recupero” finalizzati al recupero dei crediti non spettanti o inesistenti, utilizzati indebitamente in compensazione.

 

Atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, compresi quelli con notifica, potranno essere inviati tramite PEC e la nuova disciplina del domicilio digitale si estende a cartelle di pagamento, atti e comunicazioni dell’agente della riscossione.

 

Vengono, inoltre, introdotte disposizioni finalizzate alla razionalizzazione e al riordino delle disposizioni normative in materia di attività di analisi del rischio finalizzata alla prevenzione e al contrasto dell’evasione fiscale, della frode fiscale e dell’abuso del diritto in materia tributaria, nonché a stimolare l’adempimento spontaneo dei contribuenti.

 

In tema di cooperazione tra le amministrazioni nazionali ed estere, si introducono lo “scambio di informazioni su richiesta“, con Paesi dell’Unione Europea e altri Stati con i quali ci siano specifici accordi, e la disciplina degli “strumenti di cooperazione amministrativa avanzata” volti a minimizzare gli impatti dei controlli di amministrazioni estere nei confronti dei contribuenti e delle loro attività economiche, anche attraverso una nuova disciplina dei controlli simultanei e delle verifiche congiunte.

 

Nel Decreto, inoltre:

  1. si rafforzano la prevenzione e il contrasto dei fenomeni evasivi e fraudolenti in ambito IVA;

  2. si rivede la disciplina della revisione dei termini di prescrizione e decadenza dell’azione dello Stato e dell’apparato sanzionatorio dell’imposta sui premi di assicurazione, con la possibilità di presentare la denuncia tardiva entro 90 giorni dal termine ultimo di presentazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo;

  3. si modifica il termine per la notifica degli avvisi nei casi di omessa o infedele denuncia annuale dei premi incassati, che si uniforma a quelli delle altre imposte indirette.

In materia di concordato preventivo biennale, invece, si stabilisce che ad esso possono accedere i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, residenti nel territorio dello Stato.

Per l’applicazione del CPB, l’Agenzia delle entrate formulerà una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa, o dall’esercizio di arti e professioni, rilevante ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta rilevante ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. Potranno aderire al CPB anche gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfettario.

Infine, sono disciplinate le modalità di individuazione del reddito ai fini del concordato e l’ipotesi di rinnovo, cessazione e decadenza dal concordato.

FRI: disciplina per contributi e finanziamenti in favore di progetti di R&S e innovazione nel Mezzogiorno

Con il Decreto 14 settembre 2023 del Ministero delle imprese e del made in Italy, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 novembre 2023, n. 256, è stata disciplinata la concessione di contributi e finanziamenti agevolati a valere sul FRI, in favore di progetti di R&S e innovazione realizzati nelle regioni del Mezzogiorno.

Il Decreto definisce le procedure per la concessione ed erogazione di agevolazioni, in forma di contributi alla spesa e finanziamenti agevolati, per il sostegno di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale di rilevanza strategica per il sistema produttivo, coerenti con le aree tematiche della Strategia nazionale di specializzazione intelligente ovvero finalizzati a individuare traiettorie tecnologiche e applicative evolutive della stessa.

 

Nell’ambito dei progetti ammissibili, possono beneficiare delle agevolazioni:

  1. a) le imprese che esercitano le attività di cui all’articolo 2195 del codice civile, numeri 1) e 3), comprese le imprese artigiane di produzione di beni;

  2. b) le imprese agro-industriali che svolgono prevalentemente attività industriale;

  3. c) le imprese che esercitano le attività ausiliarie di cui al numero 5) dell’articolo 2195 del codice civile, in favore delle imprese di cui alle lettere a) e b);

  4. d) i Centri di ricerca;

  5. e) le imprese agricole che esercitano le attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, che operino come soggetti co-proponenti di un progetto congiunto.

 

Tali soggetti, alla data di presentazione della domanda, devono possedere i seguenti requisiti:

  • essere regolarmente costituiti e iscritti nel Registro delle imprese. I soggetti non residenti nel territorio italiano devono avere una personalità giuridica riconosciuta nello Stato di residenza come risultante dall’omologo registro delle imprese;

  • non essere sottoposti a procedura concorsuale e non trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente;

  • trovarsi in regime di contabilità ordinaria;

  • disporre di almeno due bilanci approvati ovvero, per le imprese individuali e le società di persone, disporre di almeno due dichiarazioni dei redditi presentate;

  • non rientrare tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;

  • essere in regola con la restituzione di somme dovute in relazione a provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero;

  • non trovarsi in condizioni tali da risultare impresa in difficoltà.

I progetti ammissibili alle agevolazioni devono prevedere la realizzazione di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale, finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti, tramite lo sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali nell’ambito delle aree tematiche e delle traiettorie di sviluppo definite dalla Strategia nazionale di specializzazione intelligente ovvero nell’ambito di altre aree tematiche e traiettorie di sviluppo non rientranti nella predetta Strategia, al fine di contribuire ad alimentare il processo di scoperta imprenditoriale e il conseguente adattamento evolutivo della stessa. 

 

I progetti, ai fini dell’ammissibilità alle agevolazioni, devono:

– essere realizzati nell’ambito di una o più delle proprie unità locali ubicate nel territorio nazionale, in coerenza con il territorio di competenza dell’intervento agevolativo sulla base dei vincoli di localizzazione previsti dalle fonti di finanziamento utilizzate;

– prevedere spese e costi ammissibili non inferiori a euro 3.000.000,00 e non superiori a euro 20.000.000,00;

– essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazioni e, comunque, pena la revoca, non oltre 3 mesi dalla data del provvedimento di concessione;

– avere una durata non inferiore a 12 mesi e non superiore a 36 mesi;

– rispettare il principio DNSH sulla base degli ulteriori indirizzi emanati in materia in sede nazionale ed europea;

– rispettare tutte le ulteriori condizioni previste dai provvedimenti e disposizioni attuative emanati dal Ministero e dal provvedimento di ammissione.

 

Sono ammissibili le spese e i costi delle imprese beneficiarie relativi a:

  1. a) il personale dell’impresa proponente, limitatamente a tecnici, ricercatori e altro personale ausiliario, nella misura in cui sono impiegati nelle attività di ricerca e di sviluppo oggetto del progetto. Sono esclusi i costi del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali;

  2. b) gli strumenti e le attrezzature, nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il progetto di ricerca e sviluppo;

  3. c) i servizi di consulenza, di ricerca contrattuale e gli altri servizi utilizzati per l’attività del progetto di ricerca e sviluppo, inclusa l’acquisizione o l’ottenimento in licenza dei risultati di ricerca, dei brevetti e del know-how, tramite una transazione effettuata alle normali condizioni di mercato;

  4. d) le spese generali relative al progetto;

  5. e) i materiali utilizzati per lo svolgimento del progetto.

 

L’accesso alle agevolazioni è regolato da una procedura negoziale e la domanda deve essere presentata al Ministero, per il tramite del Soggetto gestore, corredata della documentazione indicata nel provvedimento applicativo, tra cui, in particolare, quella concernente:

  • la scheda tecnica contenente dati e informazioni sul soggetto proponente;

  • il piano di sviluppo del progetto;

  • il contratto di collaborazione, nel caso di progetto proposto congiuntamente da più soggetti.

Il Soggetto gestore procederà, poi, all’istruttoria delle domande di agevolazioni nel rispetto dell’ordine cronologico di presentazione e, nel caso di esito positivo delle risultanze in merito all’ammissione, il Ministero provvederà a comunicarne gli esiti al soggetto proponente, invitando lo stesso a presentare, qualora non sia stata già prodotta in precedenza, la documentazione utile alla definizione del provvedimento di ammissione, che include la delibera di finanziamento bancario.

Mediatore familiare: requisiti, formazione, regole deontologiche, compenso

Il Ministero delle imprese e del made in Italy, con il Decreto 27 ottobre 2023, n. 151, ha fissato le regole sulla disciplina professionale del mediatore familiare, il quale interviene nei casi di cessazione o di oggettive difficoltà di un rapporto di coppia, prima, durante o dopo l’evento separativo.

Il Decreto MIMIT, che entrerà in vigore dal 15 novembre 2023, è composto da 10 articoli in cui viene illustrata l’attività del mediatore, la sua formazione, i requisiti per l’esercizio dell’attività, le regole deontologiche, le tariffe applicabili e il trattamento dei dati.

Tale figura professionale opera al fine di facilitare i soggetti coinvolti nell’elaborazione di un percorso di riorganizzazione di una relazione, anche mediante il raggiungimento di un accordo direttamente e responsabilmente negoziato e con riferimento alla salvaguardia dei rapporti familiari e della relazione genitoriale.

 

I requisiti di onorabilità, indicati agli articoli 3, 4 e 5, che devono essere posseduti dal mediatore sono:

  • non trovarsi in stato di interdizione legale o di inabilitazione o non essere altresì sottoposti ad amministrazione di sostegno;

  • non essere stati condannati con sentenza definitiva, per delitto non colposo, a pena detentiva, anche se sostituita da una delle pene indicate nell’articolo 20-bis, primo comma, numeri 1), 2), e 3) del codice penale;

  • non essere stati destinatari di sentenza definitiva resa ai sensi dell’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto non colposo, con cui è stata irrogata pena detentiva, anche se sostituita da una delle pene indicate nell’articolo 20-bis, primo comma, numeri 1), 2) e 3) del codice penale;

  • non avere, alla data di richiesta dell’iscrizione, procedimenti penali in corso per delitti non colposi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 335-bis del codice di procedura penale;

  • non essere incorsi nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;

  • non essere stati sottoposti a misure di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione, nè a misure di sicurezza personali;

  • non avere riportato, per gli iscritti ad un ordinamento professionale, negli ultimi 5 anni, una sanzione disciplinare più grave di quella minima prevista dal singolo ordinamento.

La professione può essere esercitata da coloro che sono in possesso, alternativamente, di un’attestazione rilasciata dalle associazioni professionali iscritte nell’elenco del MIMIT o di una certificazione di conformità rilasciata da organismi di certificazione accreditati dall’organismo unico nazionale di accreditamento o del diploma di laurea almeno triennale nell’area disciplinare umanistico-sociale.

 

Al fine di migliorare, perfezionare e accrescere le conoscenze l’interessato deve frequentare un corso di formazione iniziale e deve curare il proprio aggiornamento professionale continuo, con rilascio dei corrispondenti crediti formativi.

Il corso di formazione iniziale, in particolare, deve prevedere non meno di 250 ore di lezioni teorico-pratiche, di cui almeno il 70% dedicato alle materie della mediazione familiare e non meno di 80 ore di pratica guidata con un formatore con pluriennale esperienza di mediatore familiare, di cui almeno 40 in affiancamento in procedimenti di mediazione familiare.

 

L’attività professionale del mediatore è legata al rispetto delle regole deontologiche, esercitando con imparzialità, neutralità e assenza di giudizio nei confronti dei mediandi, promuovendo fra loro un processo equilibrato e incoraggiandoli a confrontarsi in modo costruttivo.

 

Al mediatore familiare non è consentito:

a) intervenire in mediazioni familiari che coinvolgono interessi propri, del coniuge o del convivente, dei suoi parenti entro il secondo grado o dei suoi affini, oppure di persone con le quali ha rapporti di frequentazione abituale, ovvero di soggetti con cui ha causa pendente, grave inimicizia, rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti di cui è tutore, curatore, procuratore o agente;

b) erogare ai mediandi servizi che esulano dallo specifico ambito della mediazione familiare;

c) far pressione sui mediandi per ottenere la loro adesione ad un progetto non concordato liberamente;

d) fornire ai mediandi prestazioni professionali riservate ad iscritti a ordini o collegi professionali durante lo svolgimento dell’attività di mediatore familiare;

e) offrire o accettare doni, richieste e favori dai mediandi, dalle parti, dai loro avvocati o da altre persone coinvolte direttamente o indirettamente nel percorso di mediazione.

 

Infine, riguardo al compenso per le prestazioni professionali, il Decreto MIMIT stabilisce che esso venga pattuito al momento del conferimento dell’incarico professionale, che sia adeguato alla delicatezza del ruolo rivestito, al decoro della professione e all’importanza della prestazione e non sia condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale.

 

Cripto-attività: chiarimenti delle Entrate sul regime fiscale introdotto dalla Legge di bilancio 2023

Alla luce delle novità normative introdotte dalla Legge di bilancio 2023 sul regime fiscale delle cripto-attività, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato la circolare del 27 ottobre 2023, n. 30/E, con la quale si ripercorre il quadro normativo europeo, viene fissato il perimetro della norma e vengono fornite le istruzioni operative in merito alle nuove disposizioni.

La Legge n. 197/2022 ha introdotto una nuova categoria di redditi diversi soggetti a tassazione con aliquota del 26%: i redditi riconducibili alla detenzione, al rimborso e al trasferimento di valori e diritti tramite tecnologia distribuita (Dlt).

Secondo la nuova disciplina sono definite cripto-attività tutte quelle rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non rientrano tra gli strumenti finanziari.

 

La circolare chiarisce che per le persone fisiche le plusvalenze da cripto-attività sono imponibili con la stessa aliquota applicabile alle attività finanziarie (26%) a patto che il reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente.

Tali plusvalenze sono soggette a tassazione anche in capo agli enti non commerciali, alle società semplici ed equiparate e ai soggetti non residenti senza stabile organizzazione quando il reddito si considera prodotto nel territorio dello Stato.

Al riguardo l’Agenzia ricorda che si considerano prodotti in Italia i “redditi diversi” (art. 67 Tuir) derivanti da “attività svolte” nel territorio dello Stato e da “beni” che si trovano nello stesso territorio. Vi rientrano, dunque, anche i redditi realizzati da soggetti non residenti se relativi a cripto-attività detenute nel nostro Paese presso prestatori di servizi o intermediari residenti in Italia o presso la loro stabile organizzazione se non residenti.

 

Nei casi in cui le cripto-attività (ovvero le chiavi che danno accesso alle stesse) siano detenute “direttamente” dal soggetto tramite supporti di archiviazione (come ad esempio chiavette Usb) senza l’intervento degli intermediari o prestatori di servizi citati, il reddito si considera prodotto in Italia se il supporto di archiviazione si trova nel territorio dello Stato.

A tal fine, si presume che il reddito sia prodotto in Italia se il soggetto che detiene il supporto di archiviazione è residente nel periodo di imposta di produzione del reddito, restando ferma la facoltà per il contribuente di provare l’effettivo luogo di localizzazione del supporto di archiviazione.

 

La Legge di bilancio 2023 ha quindi previsto la possibilità, per i soggetti che già detenevano cripto-attività al 1 gennaio 2023, di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle stesse, a condizione che il predetto valore sia assoggettato a una imposta sostitutiva del 14%.

Per beneficiare di tale regime agevolato è necessario che il contribuente versi l’imposta sostitutiva per intero, o la prima delle 3 rate annuali di pari importo, entro il 15 novembre 2023.

 

Il documento di prassi ricorda, infine, le regole da seguire per la regolarizzazione da parte dei contribuenti che hanno violato gli obblighi di monitoraggio fiscale per le cripto-valute detenute entro il 31 dicembre 2021 e/o non hanno indicato in dichiarazione, nel Quadro RW, i redditi derivanti dalle cripto-attività realizzati entro lo stesso termine.

Legge Bucalossi e trasferimenti con funzione di trasformazione del territorio senza intenti speculativi

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che l’agevolazione fiscale “Bucalossi” ha lo scopo di favorire quei trasferimenti destinati alla trasformazione urbanistica del territorio effettuati senza intenti speculativi e non una tipica funzione di scambio (Agenzia delle entrate, risposta 27 ottobre 2023,  n. 451).

L’Agenzia delle entrate chiarisce che le norme agevolative di carattere fiscale rientrano tra quelle di carattere eccezionale che richiedono un’esegesi ispirata al criterio di stretta interpretazione e non ammettono interpretazione analogica o estensiva, con la conseguenza che i benefici in esse contemplati non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa.

 

Ciò premesso, l’Agenzia cita l’articolo 20 della Legge 28 gennaio 1977, n. 10 (cd. Bucalossi), recante norme per la edificabilità dei suoli, il quale dispone che ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti si applica l’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale.

Tale trattamento tributario si applica anche a tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi.

Tale formulazione della disposizione appare volta ad un ampliamento della portata applicativa della previsione agevolativa, in quanto la stessa viene di fatto estesa ad atti, compresi quelli attuativi, in precedenza non agevolati, purché gli stessi siano comunque finalizzati alla “trasformazione del Territorio” e siano posti in essere sulla base di “accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici”.

 

Il suddetto regime agevolativo, dunque, è applicabile:

  • esclusivamente ad atti non ”genericamente” preordinati alla trasformazione del territorio;

  • ad atti che abbiano a oggetto interventi edilizi riconducibili a quelli di cui alla citata Legge Bucalossi.

In particolare, l’agevolazione fiscale in oggetto ha lo scopo di favorire quei trasferimenti destinati alla trasformazione urbanistica del territorio effettuati senza intenti speculativi, che svolgano una funzione ripartitoria e distributiva delle posizioni coinvolte e non una tipica funzione di scambio negoziale.

Esulano, dunque, dall’ambito applicativo della norma tutte quelle operazioni negoziali che, pur entrando a far parte di una più ampia programmazione di natura pubblicistica realizzano, di fatto interessi meramente individualistici.

 

Nel caso di specie, spiega l’Agenzia, il futuro atto di trasferimento degli immobili in esame tra il soggetto attuatore e Comune non appare idoneo a realizzare direttamente e immediatamente la funzione di trasformazione del territorio nel senso sopra delineato, anche se l’evento negoziale rappresentato è inserito nell’Accordo stipulato tra l’ente territoriale e il soggetto attuatore. Tale atto, infatti, si configura, come una ”mera” compravendita immobiliare che, pur interessando un soggetto pubblico, segue uno schema negoziale di carattere privatistico, in linea con il principio di autonomia contrattuale.

L’atto di trasferimento, dunque, risulta non idoneo a realizzare direttamente e immediatamente la funzione di trasformazione del territorio, in quanto rispondente ad altre finalità, così come individuate dall’organo deliberativo dell’ente territoriale.

In conclusione, l’Agenzia ritiene che tale atto di trasferimento non sia riconducibile all’ambito applicativo dell’agevolazione prevista dalla Legge Bucalossi.